ITALIA – C’è un giorno, nell’anno, in cui le parole “Stato”, “Costituzione”, “legalità”, “popolo” smettono di essere carta e concetti distanti, tornando a vibrare nella carne viva della nostra storia. È il 2 giugno. Non una semplice ricorrenza, ma un richiamo sottile e potentissimo alla coscienza collettiva.
Oggi la Repubblica non è un concetto astratto: siamo noi. Siamo noi ogni volta che resistiamo al cinismo, che ci ostiniamo a credere nella giustizia anche quando sembra una parola stanca, corrosa dal disincanto.
Una rinascita: la Repubblica
La nascita della Repubblica non fu un evento giuridico soltanto, ma una rinascita morale. Fu un confine. Un prima e un dopo. Fu la scelta consapevole – e coraggiosa – di un popolo che aveva conosciuto l’abisso, e che seppe alzare lo sguardo.
Furono milioni di mani che votarono, ma soprattutto milioni di cuori che dissero: mai più. Mai più il silenzio che uccide la verità, mai più il diritto umiliato dal potere. Si votò per la Repubblica, ma si scelse molto di più: la libertà, la democrazia, il diritto. Si scelsero parole nuove per fondare un patto di convivenza che ancora ci tiene insieme.
E oggi, mentre sfilano le forze armate, mentre i tricolori danzano al vento e le piazze si riempiono di memoria, è il momento di chiederci: cosa stiamo facendo di quella promessa?
L’articolo 1 della Costituzione
Chi ha studiato diritto lo sa: la Repubblica è fondata sul lavoro, sì, ma anche sulla dignità, sull’uguaglianza, sulla legalità sostanziale. La Costituzione – nei suoi silenzi e nelle sue promesse – non si accontenta di essere interpretata, vuole essere vissuta. E allora ogni giovane che lotta per non emigrare, ogni madre che denuncia un sopruso, ogni giudice che scrive una sentenza scomoda, ogni giornalista che non china la testa, ogni cittadino che non volta lo sguardo – tutti, in fondo, stanno votando di nuovo. Stanno scegliendo la Repubblica.
Non è una frase fatta: è l’articolo 1 della nostra Costituzione. Ed è una sfida. Una promessa non ancora pienamente mantenuta. In un Paese dove tanti ragazzi fuggono all’estero, dove il precariato si fa sistema, dove il lavoro a volte toglie più dignità che ne dà, dire che la Repubblica è fondata sul lavoro significa chiamare ciascuno alle proprie responsabilità. La politica. L’economia. La cultura. Anche il giornalismo.
La libertà e i princìpi
Ma la nostra Costituzione non si limita a proclamare princìpi. Ci chiede di attuarli. E questo è il cuore della Repubblica: non è un’entità distante, impersonale. È una creatura viva, che respira nelle scelte quotidiane dei suoi cittadini. Ogni volta che resistiamo alla tentazione dell’indifferenza, ogni volta che ci opponiamo a una corruzione, a un’ingiustizia, a una menzogna, stiamo scegliendo ancora una volta la Repubblica. E stiamo difendendo quel patto costituzionale con le unghie e con i denti.
Oggi celebriamo un’idea che ci sfida. Perché la libertà, scriveva Calamandrei, è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare. E noi, oggi, l’aria dobbiamo proteggerla. Dobbiamo ricordarci che dietro ogni diritto c’è il volto di qualcuno che ha sofferto, che ha lottato, che ha scelto il coraggio al posto della paura.
Il 2 giugno, allora, non è un giorno per i discorsi vuoti. È il giorno in cui la legalità si fa emozione, in cui la Repubblica – che è donna, come fu donna la scelta del voto – si veste di parole nuove: coraggio, memoria, responsabilità.
Diritti e doveri
Oggi ricordiamo il diritto, sì. Ma anche il dovere. Quello che abbiamo di non disertare la realtà. Di non accontentarci. Di non arrenderci a una democrazia formale, svuotata. E in questo tempo in cui le parole vengono manipolate, le istituzioni derise, la giustizia attaccata, è nostro compito dare un senso.
E bisogna ricordare che non basta dirsi cittadini per esserlo davvero. Bisogna difendere la verità, anche quando trema. La parola è ancora in grado di accendere coscienze. Bisogna onorare le leggi, anche quando fanno male. Bisogna credere nella giustizia, anche quando sembra stanca.
Perché, alla fine, la Repubblica non è altro che questo: un popolo che, ogni giorno, sceglie di rialzarsi.
E oggi, più che mai, è tempo di alzarci in piedi.