Superbonus nelle mani della mafia, imprenditore ai domiciliari

Superbonus nelle mani della mafia, imprenditore ai domiciliari

MESSINA – Le truffe mafiose sul Superbonus 110% colpiscono ancora la provincia peloritana. Oggi un imprenditore edile di 46 anni – già noto alle Forze dell’Ordine – è finito agli arresti domiciliari per concorso esterno in associazione mafiosa.

L’inchiesta sulle truffe sul Superbonus a Messina

L’indagine ha fatto emergere un preoccupante intreccio tra criminalità organizzata e il settore dell’edilizia, gettando ombre sulla famiglia mafiosa barcellonese. Quest’ultima, in particolare, avrebbe infiltrato il comparto approfittando delle ingenti risorse pubbliche messe a disposizione per l’efficientamento energetico degli immobili.

Già il 3 dicembre 2024 erano stati arrestati Salvatore Foti e Tindaro Pantè, accusati di associazione mafiosa e trasferimento fraudolento di beni con finalità mafiose. Entrambi sarebbero organici alla cosca dei “barcellonesi”.

Pilotare i lavori edilizi nel Messinese

Le indagini hanno poi svelato l’esistenza di un patto criminale tra l’imprenditore oggi colpito dalla misura cautelare e Mariano Foti, esponente di spicco del clan mafioso e attualmente detenuto.

L’accordo prevedeva che, in cambio del sostegno della cosca nel reperire immobili su cui eseguire i lavori (soprattutto tra Barcellona Pozzo di Gotto, Pace del Mela, Furnari, Terme Vigliatore e Milazzo), l’imprenditore garantisse alla mafia denaro, subappalti e vantaggi economici, utilizzando la propria impresa “pulita” per accaparrarsi i crediti fiscali.

Come la mafia incassava il denaro del Superbonus

A segnalare gli edifici da ristrutturare erano Salvatore Foti e Tindaro Pantè, che avrebbero agito nell’interesse della cosca. In cambio, ricevevano laute provvigioni, mascherate da compensi per prestazioni fittizie.

Inoltre, avrebbero indicato all’imprenditore quali ditte gradite” alla mafia coinvolgere nei subappalti, ottenendo anche da queste ulteriori somme di denaro, che poi sarebbero confluite alla famiglia mafiosa.

In un primo momento, il GIP aveva rigettato la richiesta di misura cautelare per l’imprenditore, non ritenendo sussistenti gravi esigenze cautelari. Ma a seguito del ricorso presentato dalla Procura, il Tribunale del Riesame ha deciso di disporre gli arresti domiciliari per l’uomo.