“Mai più la guerra”: dalla Sicilia il grido dei giovani del Codacons scuote le coscienze

“Mai più la guerra”: dalla Sicilia il grido dei giovani del Codacons scuote le coscienze

SICILIA – C’è un appello che parte dalla Sicilia, cuore pulsante del Mediterraneo, e si propaga nel mondo con la forza delle lacrime non più trattenute. È il grido dei Giovani Siciliani del Codacons, che si fanno carne e voce delle parole di Papa Leone XIV pronunciate nel suo primo Regina Coeli.

Non è la solita dichiarazione di principio, né una formula retorica. Non è l’ennesimo comunicato intriso di buone intenzioni. È un urlo che squarcia il silenzio colpevole del mondo, semplice, vero, ruvido e definitivo, che brucia in gola e rifiuta di spegnersi: “Mai più la guerra“.

“Mai più la guerra”

Quattro parole, un manifesto. Perché la guerra è tornata a essere normalità. Un sottofondo costante fatto di bombe, sirene, macerie e bambini senza infanzia. Da Gaza all’Ucraina, dal Sudan allo Yemen, il mondo esplode e l’umanità tace.

Nessuno, infatti, è al sicuro quando la pace viene tradita. Nessuno è estraneo alla guerra.

Ma dalla Sicilia, terra che ha conosciuto l’esilio e l’accoglienza, la fame e la rinascita, c’è chi non accetta il silenzio.

Non possiamo più tollerare l’orrore delle guerre“, denuncia Ludovica Scatà, dirigente dei Giovani Siciliani del Codacons. E ancora: “I conflitti che devastano il mondo, dalla Striscia di Gaza all’Ucraina, cancellano il futuro di intere generazioni. Il Papa ha dato voce a ciò che proviamo: dolore, rabbia, ma anche speranza”.

“Ora tocca a noi scegliere da che parte stare: o la guerra o la pace. Non esistono zone grigie, è il momento di agire e scegliere la pace“, prosegue.

Nonchiedere“, non sperare“, ma scegliere. Perché la pace non è un dono che si attende con le mani giunte, ma una conquista che si costruisce con mani sporche di fatica e cuore pieno di compassione. È un atto di responsabilità, un’opera collettiva. È guardare negli occhi l’umanità e dire: “Tu meriti di vivere”.

Una scelta netta

La guerra non è solo un fatto di geopolitica. La guerra è una madre che non torna, un padre che non abbraccia, un ragazzo che non sogna più. La guerra è l’infanzia rubata, la speranza spenta, la memoria che diventa condanna.

Per questo, i giovani siciliani parlano oggi non da osservatori, ma da figli del mondo. E con un coraggio disarmato, sfidano la cultura dell’indifferenza.

È una presa di posizione netta, che scuote. I giovani non chiedono semplicemente un cessate il fuoco. Chiedono molto di più: un cambio di paradigma. Chiedono che la pace non sia l’eccezione, ma la regola. Non una tregua tra due massacri, ma un progetto politico, sociale, culturale.

L’appello del Codacons Sicilia

Il Codacons Sicilia, attraverso il suo Coordinamento Giovani, va oltre l’appello morale. Mette le istituzioni davanti alle loro responsabilità.

La memoria delle tragedie del passato non può restare una pagina di storia – continuano – ma deve essere la guida per costruire un domani diverso, senza odio, senza armi, senza paura“.

Serve un impegno concreto, multilivello, affinché si fermi immediatamente ogni ostilità e si apra un cammino concreto verso una pace autentica, giusta e duratura. Una pace che non sia solo assenza di guerra, ma impegno attivo per la dignità dei popoli, per la libertà e la giustizia. È il patto generazionale che questi ragazzi siglano col futuro.

L’impegno concreto

Parole pesanti come pietre. Perché questo appello non si rivolge solo ai potenti. È un pugno sul tavolo rivolto a ciascuno di noi. La pace non è un’utopia o una delega che si firma in cabina elettorale o davanti al televisore.

È una responsabilità individuale e collettiva. Una scelta. E ogni scelta inizia da una voce.

Il Codacons Sicilia lancia un appello che non può restare lettera morta. Chiede ai cittadini, alle istituzioni, ai giovani di ogni Paese di unirsi a questa richiesta di pace.

Perché ogni scelta inizia con una voce. E oggi quella voce parte dalla Sicilia, terra antica e orgogliosa, ma soprattutto umana. E non chiede di essere ascoltata: pretende attenzione. Perché ogni bomba che cade dall’altra parte del mondo uccide anche qui, nel cuore di chi ha ancora il coraggio di sentire.

No al “ricordo”

Il rischio è l’abitudine. L’assuefazione all’orrore. Ma chi oggi ha vent’anni e guarda un telegiornale non vuole più rassegnarsi. Vuole rompere il ciclo. Vuole ricordare che la memoria non è un dovere da commemorare ogni 25 aprile o 2 novembre, ma un’arma per evitare di ripetere gli stessi errori.

E allora sì, “Mai più la guerra” non è solo uno slogan. È un ultimatum. È la linea rossa oltre la quale c’è solo la barbarie.

La voce dei Giovani del Codacons oggi non è flebile. È rabbiosa, consapevole, determinata. Sta a noi decidere se restare sordi, o se, finalmente, iniziare ad ascoltare.