MILANO – Nel silenzio urbano di via San Bernardino, a Milano, dove ogni giorno migliaia di passi si rincorrono senza incontrarsi, ora c’è un grido muto che nessuno può ignorare.
Nel cuore della città, dove la pietra incontra la coscienza, è comparsa un’opera che non si guarda: si sente. Il murale Franciscus – The Hope, realizzato da aleXsandro Palombo sulla sede di Caritas Ambrosiana, non è solo arte. È una ferita visiva, una preghiera laica, un grido muto che attraversa i secoli.
“Franciscus – The Hope”
Papa Francesco si fa “ponte tra l’umano e il sacro, protettore degli ultimi e testimone silenzioso del dolore del mondo“, così come si legge sul post Instagram della Caritas.
Il Pontefice è raffigurato con il saio francescano – simbolo indiscusso di povertà e rinuncia -, giubbotto di salvataggio – emblema di speranza per i migranti che attraversano i mari – e silenzio addolorato, accanto al corpo esanime del piccolo Alan Kurdi, simbolo globale della tragedia migratoria. Un’immagine che parla alla pancia e al cuore, che ci costringe a guardarci allo specchio come società e come esseri umani.
Un’immagine cruda, dura, ma anche necessaria. Non c’è spazio, dunque, per l’indifferenza.
Palombo, l’artista che trasforma le pareti in vangeli visivi
AleXsandro Palombo non è un pittore. È un profeta contemporaneo che usa i muri come vangeli da leggere con gli occhi lucidi. Già autore del murale che raffigurava Papa Francesco come un clochard, torna ora con un’opera che raccoglie l’eredità morale del Pontefice nel momento più sacro e vulnerabile: la sua assenza.
Il murale è apparso nei giorni dei Novendiali, mentre il mondo è sospeso nell’attesa di un nuovo Papa. Tempismo perfetto, colpo al cuore garantito. L’artista, con il suo stile, fa quello che pochi sanno fare: tradurre il dolore in bellezza e la denuncia in icona. Sceglie di far parlare i muri, là dove le parole spesso falliscono.
Anche in passato, Papa Francesco era stato scelto – sempre dallo stesso artista – come protagonista di un’altra opera intitolata “Caritas”, in cui veniva ritratto come un clochard.
Francesco: da Lampedusa ai muri di Milano, lo stesso grido
Francesco non fu mai un Papa da palazzo. Il suo primo viaggio apostolico fu a Lampedusa, isola-simbolo del confine tra vita e morte, tra Europa e speranza. In quel giorno lanciò un’espressione che è diventata programma spirituale e politico: “la globalizzazione dell’indifferenza”, esortando il mondo a non voltarsi dall’altra parte.
Oggi quel messaggio si fa carne e cemento. Il murale lo grida: non è un tributo, è un’esortazione, è una sfida. È il richiamo a non voltarsi dall’altra parte. È la raffigurazione di un Papa che non benedice il potere ma accarezza le ferite, che non guida da lontano ma cammina tra gli ultimi.
Caritas Ambrosiana, un altare laico per la compassione
La scelta del luogo non è casuale. Caritas Ambrosiana è un presidio della speranza, un faro nel buio per chi ha perso tutto. Lì dove ogni giorno si accolgono vite spezzate, il murale non decora: testimonia. Parla di pane materiale e pane spirituale, come ricorda la scritta “Ce n’est pas seulement de pain” sulla stessa parete.
Luciano Gualzetti, direttore della Caritas, ha parlato di “un regalo inaspettato”. “È stata una bella sorpresa, un riconoscimento per tutti i volontari e operatori che lavorano con i migranti vicini e lontani. Il murale illustra in modo fedele e commovente diversi aspetti dell’insegnamento spirituale e pastorale che papa Francesco ci ha lasciato, a cominciare dalla sua insistenza ad accogliere, proteggere, promuovere, integrare“, ha aggiunto.
Ma questo murale è più di un dono: è una responsabilità collettiva.
Fratelli Tutti, Alan Kurdi e il Mediterraneo: parole che bruciano
Palombo accompagna l’opera con tre citazioni del Papa. Parole che oggi bruciano più di ieri, in un mondo che sembra voler dimenticare. Il pensiero su Alan Kurdi è una delle sintesi più potenti mai scritte:
“Alan Kurdi è un simbolo di civiltà morte. Ci vogliono urgenti misure per custodire il diritto di migrazione… L’integrazione è la chiave“.
E ancora:
“I trafficanti siano fermati. I viaggi della speranza non si trasformino più in viaggi della morte“.
Non servono commenti. Basta leggere, e tremare.
Il murale come atto politico, spirituale, civile
“Franciscus – The Hope” è arte che si fa preghiera e pugno, manifesto e sacramento, memoria e futuro. In un tempo dominato da slogan e indifferenza, questa opera è una liturgia murale, un Vangelo secondo Palombo. E ci chiede: che cristiani, che cittadini, che esseri umani vogliamo essere?
Palombo non chiede risposte. Le inchioda ai muri.
Quando l’arte salva più delle parole
In un’epoca in cui anche la morte di un Papa rischia di diventare trending topic di passaggio, questo murale rimette tutto al suo posto: la pietà prima della politica, l’umanità prima del confine, la compassione come atto radicale.
Il murale ci ricorda che l’arte può ancora essere profezia e che la speranza si costruisce a partire dagli ultimi.
E se Papa Francesco è stato definito da molti “il Papa degli ultimi”, oggi possiamo dire che, almeno a Milano, gli ultimi hanno trovato il modo di salutarlo come si deve: con un abbraccio dipinto, eterno e necessario.