Nel giorno in cui si celebra la Festa dei Lavoratori, una parte fondamentale della società resta spesso sullo sfondo: i giovani. Per loro, il lavoro non è solo un diritto da conquistare, ma spesso una sfida quotidiana fatta di contratti a tempo, partite IVA forzate, tirocini infiniti e sogni messi in stand-by.
Il 1° maggio dovrebbe essere la festa di tutti. Ma per molti ragazzi e ragazze italiani è ancora il simbolo di una promessa non mantenuta.
I giovani e la precarietà del lavoro: tra numeri e realtà
La fotografia scattata dai dati ufficiali è chiara: l’Italia è tra i paesi europei con il più alto tasso di disoccupazione giovanile. Secondo l’ISTAT, a novembre 2024, il tasso di disoccupazione tra i 15 e i 24 anni è salito al 19,2%, in aumento rispetto al 17,7% di ottobre.
A gennaio di quest’anno,2025, il tasso di disoccupazione giovanile è lievemente sceso al 18,7%, rimanendo in una situazione di costante difficoltà in cui l’Italia fatica a rispondere efficacemente alle esigenze di una generazione instabile.
Anche chi lavora, spesso lo fa in condizioni di forte precarietà. I contratti a tempo determinato, le collaborazioni occasionali e le partite IVA “improprie” sono ormai la norma. La stabilità contrattuale e la continuità contributiva sono diventate eccezioni, e non più regole.
Conseguenze non solo economiche
Questa condizione ha conseguenze profonde: non solo economiche, ma anche sociali e psicologiche. La difficoltà ad accedere a un lavoro stabile posticipa l’uscita dalla famiglia di origine, la possibilità di fare progetti a lungo termine, di acquistare una casa, o anche solo di immaginare un futuro autonomo.
Molti giovani si trovano bloccati in una sequenza di contratti a progetto, spesso mal retribuiti – o non retribuiti affatto. In alcuni casi, il lavoro autonomo è scelto per vocazione, ma più frequentemente è l’unica opzione disponibile, in un mercato che scarica il rischio sui singoli.
Un Primo Maggio per tutti
Il Primo Maggio è un’occasione per celebrare il lavoro, ma anche per interrogarsi su ciò che non funziona. Per molti giovani italiani, il lavoro non è ancora sinonimo di dignità, stabilità o realizzazione. Eppure, è proprio da loro che passa il futuro del Paese.
Perché un lavoro precario produce vite precarie. E finché il sistema continuerà a considerare normale una generazione che vive “a progetto”, festeggiare il lavoro sarà anche, necessariamente, un atto di denuncia.
“Il lavoro non può essere considerato una merce o una mera variabile di un meccanismo produttivo. È fondamentale per la realizzazione della persona, per la formazione di una famiglia e per la pace sociale.”
Papa Francesco, Messaggio alla Conferenza Internazionale del Lavoro, 10 giugno 2019