PALERMO – La Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo ha notificato l’avviso di conclusione indagini a cinque persone coinvolte in un giro di estorsioni mafiose che ha interessato la valle del Belice, un territorio già noto per la sua connessione con il crimine organizzato.
L’inchiesta, che ha preso piede nei mesi scorsi, ha portato alla luce un sistema di controllo illecito su attività agro-pastorali nella zona. Il provvedimento è stato firmato dai sostituti procuratori Claudio Camilleri e Felice De Benedettis.
I nomi degli indagati
Gli indagati sono: Pietro Campo, uno dei boss più influenti legati al superlatitante Matteo Messina Denaro, attualmente in carcere per una condanna a 14 anni; suo figlio Giovanni Campo, che ha recentemente ottenuto la libertà dopo una decisione del Riesame, ed era stato coinvolto dieci anni fa nell’operazione Icaro, ma poi assolto; Pietro Guzzardo, 46 anni, residente a Santa Margherita Belice; Domenico Bavetta, 43 anni, di Montevgavo; e Pasquale Ciaccio, 58 anni, pastore di Santa Margherita Belice, già condannato a 12 anni e 8 mesi nell’inchiesta Scacco Matto.
Inizialmente, era stato indagato anche Melchiorre Ferraro, ex assessore all’agricoltura di Santa Margherita Belice, per una presunta estorsione in concorso con Giovanni Campo e Pietro Guzzardo. Tuttavia, il suo nome non compare più nella lista degli indagati e si prospetta una possibile archiviazione per il suo caso.
Il controllo illecito delle attività agro-pastorali
Le indagini hanno rivelato che i soggetti, sfruttando la loro posizione di vertice nel mandamento mafioso di Santa Margherita Belice, avrebbero esercitato un pervasivo controllo sulle attività agro-pastorali nel territorio che comprende Santa Margherita Belice, MonteVago, Sambuca di Sicilia e parte del confine con Contessa Entellina.
In particolare, il gruppo mafioso avrebbe imposto un controllo stretto sull’uso delle terre agricole, utilizzando il metodo mafioso per costringere i proprietari a cedere ampie aree di terreno per il pascolo abusivo del bestiame.
Le modalità di estorsione
Secondo l’inchiesta, gli estorsori avrebbero imposto il pagamento di canoni irrisori o, in alcuni casi, addirittura non corrisposti affatto. Le persone coinvolte nella gestione dei terreni agricoli si sono trovate costrette a cedere senza alternative, subendo una pesante ingerenza delle organizzazioni mafiose nelle loro attività quotidiane.
L’inchiesta ha documentato numerosi episodi in cui i metodi mafiosi sono stati utilizzati per intimidire e controllare l’economia locale, creando un circuito di estorsione che ha influenzato negativamente le attività agricole e pastorali della zona.