Hikikomori, vite sospese nel silenzio: isolarsi dal mondo, dagli altri, da se stessi.

Hikikomori, vite sospese nel silenzio: isolarsi dal mondo, dagli altri, da se stessi.

QUESTO ARTICOLO FA PARTE DEL CONCORSO DIVENTA GIORNALISTA, RISERVATO AGLI STUDENTI DELLE SCUOLE SUPERIORI DELLA PROVINCIA DI CATANIA.

Da molto tempo si parla dei videogiochi e l’effetto che hanno sui ragazzi, ma hanno mai parlato i ragazzi in prima persona?

 

I videogiochi sono, per l’appunto, dei giochi che, tramite dei dispositivi elettronici quali telefono, computer, televisione, riescono ad essere trasmessi su uno schermo e sono pronti per essere usati: chi gioca viene chiamato gamer.  

Questi sono diventati il passatempo preferito dei ragazzi, che preferiscono conoscere il mondo attraverso questi oggetti, piuttosto che attraverso i loro occhi. Il primo videogioco nasce negli anni ’50 da studi fatti da studenti di varie università americane, che riuscirono a portare sullo schermo giochi come il tris; oggi i generi di giochi più conosciuti sono quelli d’azione, d’avventura, di ruolo, e i 3 giochi più famosi al mondo sono: Fortnite, Minecraft, GTA (Grand Theft Auto). 

I videogiochi hanno un nesso con la neuroscienza, infatti la dopamina, un neurotrasmettitore (sostanza chimica) che ha un ruolo fondamentale nella comunicazione tra le cellule nervose del cervello, e che produce piacere e forti sensazioni, aumenta quando si gioca e questo porta ad acquisire una dipendenza; si parla sempre più spesso di questa rivoluzionaria scoperta, ma quasi mai si accenna al nesso psicologico che i ragazzi sviluppano, abusando del suo uso. 

Gli hikikomori sono persone, non soltanto di giovane età, che decidono di ritirarsi totalmente da qualsiasi aspetto di vita sociale per un lungo periodo, mai determinato, arrivando pure a non uscire dalla propria abitazione; molto spesso si rifiuta pure il contatto con i propri familiari. Ma dove nasce questo fenomeno? Le prime informazioni arrivano dal Giappone: negli anni ’90 lo psichiatra Saitō Tamaki incontra diversi pazienti che si chiudono in se stessi, senza avere problemi psichiatrici. La parola hikikomori deriva proprio dal giapponese e significa “stare in disparte, staccarsi, ritirarsi, chiudersi”. 

Gli hikikomori scelgono di ritirarsi dalla società per diversi motivi. Si tratta di un fenomeno troppo ampio per indicarne una sola causa, ma le principali sono: un modello educativo iperpermissivo, che non fa sentire il soggetto autonomo e capace di fidarsi degli altri; le aspettative della società, che vuole ragazzi sempre perfetti che preferiscano il lavoro e lo studio rispetto alla vita sociale; la sensazione di disagio sociale e la fatica nel relazionarsi con gli altri, legata probabilmente al carattere introverso. L’effetto “hikikomori” non è presente solo nella cultura orientale, ma si sta sviluppando velocemente anche in quella occidentale. 

È giusto richiamare l’attenzione su questo fenomeno perché non è ancora abbastanza conosciuto e ignorarlo porterebbe difficoltà nella vita futura dei ragazzi che lo affrontano. Tra le possibili soluzioni per risolvere questo problema, ricordiamo il dialogo con degli specialisti (che rammentano sempre il fatto che le richieste di visita vengano dai genitori e non dai ragazzi, che si tirano indietro di fronte all’aiuto), e l’instaurazione di un rapporto sano tra genitore-figlio che permetta, con il dialogo, l’abbattimento della sensazione di giudizio costante. In fin dei conti, tutti dobbiamo essere un po’ più consapevoli dei nostri atteggiamenti.

 

 

Federica Marsiglione 2^C  – Istituto Giuseppina Turrisi Colonna – Catania (CT)

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