Esercitare la libera professione, ma lavorare in tribunale. Questo è ciò che fanno CTU e CTP attivi nei più diversi ambiti. Si tratta di architetti, ingegneri, geometri, psicologi, medici, grafologi, antiquari ed esperti dei più disparati settori che fanno la differenza all’interno di cause civili e penali. Diventarlo è semplice, a patto che si rispettino i requisiti richiesti. I guadagni possono arrivare fino a migliaia di euro al mese.
CTU cos’è e chi lo nomina
Il CTU o consulente tecnico d’ufficio è un esperto nominato direttamente dal giudice quando, nel corso di una causa, è necessario ottenere una valutazione tecnica su materie specifiche. Avviene, per esempio, nelle cause di malasanità in cui occorre provare il danno e la correlazione con la cattiva condotta del medico, oppure quando è necessario quantificare il valore di un immobile.
Il consulente tecnico d’ufficio, attraverso la redazione di una perizia o di una relazione tecnica, aiuta dunque il giudice a emettere una sentenza corretta, sulla base degli elementi forniti. Per questo il suo incarico deve essere svolto in modo imparziale, a esclusivo servizio del tribunale.
Che differenza c’è tra CTU e CTP
Se il CTU è un perito super partes, il CTP o consulente tecnico di parte, al contrario, è un esperto a servizio delle parti – attore o convenuto – che lo nominano per assistere l’avvocato, partecipare alle operazioni peritali del CTU e presentare una sua relazione tecnica.
Pur collaborando con il consulente nominato dal giudice, infatti, il CTP tutela gli interessi della parte che lo nomina per la difesa e può presentare osservazioni o controdeduzioni alla relazione tecnica del CTU. Ciò non significa che possa dire tutto ciò che vuole: è obbligato, comunque, a rispettare la verità tecnica.
Il numero di consulenti tecnici di parte non può essere superiore a quello definito dal giudice, come stabilito dall’articolo 225 del Codice di procedura penale. Se quest’ultimo, ad esempio, nomina un solo consulente di parte, le parti devono fare altrettanto. Se questo, invece, dispone l’istituzione di un collegio di periti, allora le parti possono nominarne di più, ma mai in numero superiore rispetto quello stabilito dal giudice.
A cosa serve il consulente tecnico d’ufficio
Nel concreto, il giudice procede alla nomina del consulente tecnico d’ufficio per condurre la perizia, mentre le parti hanno la facoltà di nominare ciascuna un proprio consulente di parte. Durante le operazioni tecniche, il consulente d’ufficio svolge gli accertamenti necessari, mentre i ctp, possono fare osservazioni, suggerire quesiti e vigilare sul corretto svolgimento della perizia.
Al termine, il consulente d’ufficio invia la relazione finale al giudice, e i consulenti di parte hanno la possibilità di presentare note critiche, commenti o richieste di integrazione.
In sintesi, il ctu è un esperto tecnico imparziale nominato dal giudice per supportarlo nelle valutazioni tecniche, mentre il consulente tecnico di parte è un esperto tecnico scelto da ciascuna parte per tutelare gli interessi del proprio assistito durante tutto il procedimento peritale.
Quanto guadagna un CTU?
Nel sistema giudiziario italiano, i compensi dei CTU variano in base alla tipologia dell’incarico e alla complessità della causa. Il consulente tecnico d’ufficio, nominato direttamente dal giudice per svolgere accertamenti tecnici, viene retribuito secondo parametri stabiliti dal decreto Ministeriale 30 maggio 2002, n. 182 e successive modifiche.
Il suo compenso viene liquidato dal giudice al termine dell’incarico, tenendo conto della difficoltà dell’indagine, del valore della causa, del tempo impiegato e delle spese sostenute.
Nella pratica, un ctu può percepire da poche centinaia a diverse migliaia di euro, con incarichi semplici che possono essere retribuiti con somme contenute. Mentre quelli più complessi, come perizie in ambito medico-legale o industriale, possono arrivare a compensi superiori ai 5.000 euro.
I tempi di pagamento dipendono dalle tempistiche processuali e dalla liquidazione da parte del giudice, a volte sono condizionati anche dagli adempimenti delle parti in causa.
Nessuna legge regola i compensi del CTP
Quanto guadagna un CTP? Scelto e pagato direttamente dalla parte che lo nomina, il consulente tecnico di parte non è tutelato da alcun tariffario pubblico. Ciò significa che i compensi vengono concordati privatamente, in funzione della complessità della causa.
Essendo legato a un accordo diretto con la parte assistita, il consulente di parte può concordare il proprio onorario anche tenendo conto della durata del processo e degli interventi richiesti, che possono includere partecipazione alle operazioni peritali e la redazione di relazioni e pareri tecnici.
Come diventare CTU e CTP
Per diventare consulente tecnico d’ufficio bisogna essere iscritti all’albo CTU del tribunale di competenza territoriale, rispettando precisi requisiti. Può fare domanda chi è in possesso di un titolo professionale abilitante e chi è iscritto al rispettivo ordine professionale, come ad esempio medici, ingegneri, architetti, commercialisti, psicologi.
È richiesta una comprovata esperienza nel settore di almeno cinque anni e l’assenza di precedenti penali, oltre a una buona condotta morale. La domanda di iscrizione, da presentare alla cancelleria del tribunale (sezione civile), deve essere corredata da una serie di documenti, tra cui il curriculum vitae, il certificato di iscrizione all’albo professionale aggiornato, i certificati del casellario giudiziale e dei carichi pendenti e un documento d’identità valido.
Una volta presentata, la richiesta viene valutata da una commissione del tribunale o direttamente dal presidente. In alcuni casi è previsto un colloquio per verificare la competenza del richiedente. Se la domanda viene accolta, l’interessato viene iscritto all’albo dei CTU e può iniziare a ricevere incarichi dal giudice.
L’iscrizione non è invece obbligatoria per svolgere l’attività di consulente tecnico di parte (CTP), che può essere nominato liberamente dalle parti, seppure resti perché garantisce un riconoscimento ufficiale della competenza tecnica. Tuttavia la maggior parte dei tribunali apre le iscrizioni all’albo dei CTU una sola volta l’anno, secondo modalità e tempistiche specifiche che indica sui siti istituzionali.
In caso tu sia interessato, posso fornirti informazioni aggiornate per il Tribunale della tua città. Vuoi sapere come funziona in un distretto specifico?
L’esperienza trentennale di Giuseppa Marraro, grafologa forense: “Compensi ancora bassi”
Giuseppa Marraro è una grafologa forense da 30 anni che ha conseguito il titolo alla “vecchia maniera”, formandosi principalmente all’interno di uno studio legale, integrando corsi con i docenti di Urbino e partecipando a molti seminari di aggiornamento. A Paritaiva.it racconta la sua esperienza.
“La laurea non è obbligatoria per esercitare la mia professione, ma è necessario presentare una documentazione che attesti le competenze acquisite – ha spiegato -. Esistono diverse associazioni, sia a livello nazionale che locale, che organizzano corsi specifici. Io mi sono formata con il cosiddetto ‘mastro’, lavorando nello studio legale dell’avvocato Salvatore Giuliano, che è anche grafologo forense e presidente dell’associazione nazionale Anigrafed. Oggi, invece, chi vuole intraprendere questa carriera deve completare un corso di formazione, sostenere gli esami e avviare un praticantato di almeno tre anni per iscriversi all’albo del tribunale di appartenenza e, dopo, all’albo nazionale. A livello nazionale, inoltre, si sta ragionando sulla possibilità di istituire un ordine e un albo dei grafologi”.
Il grafologo forense iscritto all’albo nazionale di CTU può ricevere incarichi da qualsiasi regione italiana. Tuttavia, Marraro lamenta che, per il suo settore, i compensi restino bassi, talvolta gravati da spese extra dovute agli spostamenti e consegnate solo in ‘ritardo’. “Nel civile il giudice stabilisce in anticipo i termini di svolgimento dell’incarico e un acconto a carico di una delle parti. Nel penale, invece, non è previsto alcun acconto – fa sapere –. In questi casi il compenso viene concesso solo alla fine del processo, quando il giudice approva la nota spese. Trascorsi 20 giorni, il pagamento viene risposto”.
Al deposito della relazione, è compito del professionista allegare una nota spesa che contenga l’onorario stabilito in base alle vacazioni, pagate 14,68 euro l’una, e le spese vive sostenute che il giudice deve liquidare con un suo decreto.
Le nomine? Il “passaparola” fa la differenza
La nomina del consulente tecnico non arriverebbe sempre dalla consultazione dell’albo ufficiale ma dal merito e dalla fama acquisita. “Il passaparola gioca un ruolo fondamentale. Se un professionista – spiega Giuseppa Marraro – si distingue per la qualità del suo lavoro, può essere segnalato direttamente dalla cancelleria o dagli avvocati, creando così una rete di contatti. Esiste già una legge che vigila sulla rotazione degli incarichi ed è importante che questo controllo venga applicato perché il conferimento avvenga in maniera equa”.
Che attività svolge lo psicologo CTU?
L’attività dello psicologo che ricopre il ruolo di Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) è caratterizzata da una profonda responsabilità e da un’elevata specializzazione. Come sottolinea la psicologa Alessia Marino, “Lo psicologo CTU è chiamato a svolgere un lavoro estremamente delicato e complesso, dove è necessario bilanciare le esigenze del sistema giudiziario con il benessere psicologico delle persone coinvolte”.
Lo psicologo CTU opera su incarico del giudice, prevalentemente nell’ambito del diritto civile. Le situazioni in cui viene maggiormente coinvolto sono due.
“La prima riguarda i casi di separazione e affidamento dei minori, trattati solitamente dalla prima sezione civile del tribunale. In queste circostanze – ha spiegato la psicologa – il giudice chiede una consulenza per stabilire quale sia l’ambiente più idoneo per la crescita del minore, soprattutto quando esiste una forte conflittualità tra i genitori. Lo psicologo è chiamato a valutare le competenze genitoriali, il legame affettivo tra il minore e ciascun genitore, le dinamiche relazionali familiari, e a esprimere un parere sull’affidamento – che può essere condiviso o esclusivo – e sulle modalità di visita da parte del genitore non collocatario.
La seconda area d’intervento dello psicologo CTU è quella della volontaria giurisdizione. In questo caso, è il giudice tutelare a richiedere una valutazione, con l’obiettivo di accertare se una persona, spesso anziana o affetta da disturbi cognitivi o psichici, abbia bisogno della nomina di un amministratore di sostegno. Si tratta quindi di una consulenza che mira a proteggere soggetti fragili, valutandone il grado di autonomia e la capacità di prendere decisioni in ambito personale e patrimoniale”.
Come avviene l’assegnazione dell’incarico?
Il percorso che porta all’assegnazione dell’incarico di CTU è definito da precise procedure amministrative, ma anche da un aspetto di fiducia reciproca tra il professionista e il sistema giudiziario. Come ha sottolineato ancora Alessia Marino: “L’assegnazione di un incarico come CTU non è mai solo un atto formale. È una dichiarazione di fiducia da parte del giudice nei confronti del professionista, che viene scelto per la sua competenza, ma anche per la sua capacità di mantenere un atteggiamento imparziale e rigoroso. L’incarico al CTU viene assegnato anche direttamente dal giudice tramite la cancelleria del tribunale.
Nella maggior parte dei casi, oggi, l’assegnazione avviene in via telematica: il giudice, con un decreto di nomina, invia la comunicazione ufficiale tramite PEC, e il consulente può accettare l’incarico e prestare giuramento sempre per via telematica. Solo in pochi casi, solitamente quando il giudice lo ritiene opportuno, è prevista un’udienza in presenza per la nomina formale. Dopo la pandemia, questa modalità è divenuta rara e gran parte della procedura si svolge a distanza.
Va detto che gli psicologi disponibili a svolgere questo ruolo non sono molti. Si tratta infatti di un incarico delicato, complesso, spesso poco retribuito e che richiede tempo, preparazione specifica e una forte motivazione. Per questo motivo, molti lo intraprendono solo all’inizio della carriera o in presenza di un interesse specifico per l’ambito giuridico-forense. Di conseguenza, i giudici tendono a rivolgersi agli stessi professionisti di fiducia, e ottenere incarichi può diventare più semplice per chi ha già operato con serietà in passato”.
Come si svolge una CTU in ambito psicologico?
Il processo di consulenza tecnica psicologica è articolato e richiede una metodologia precisa. Come ha spiegato ancora la psicologia Marino: “La capacità di osservare, ascoltare e interpretare ciò che non viene detto è fondamentale per uno psicologo CTU. Non basta raccogliere informazioni, bisogna anche saperle tradurre in risposte chiare e comprensibili per il giudice”. La professionista ha spiegato anche il modus operandi dello psicologo CTU.
“Una volta ricevuta la nomina, lo psicologo CTU esamina il fascicolo processuale, prendendo visione della documentazione disponibile e degli avvocati costituiti. A quel punto invia un avviso formale agli avvocati per informarli delle date fissate per le valutazioni psicologiche, in modo che possano avvisare le persone coinvolte. In base alla complessità del caso e ai quesiti posti dal giudice, si stabilisce un calendario di colloqui, che può prevedere da due incontri fino a molte più sedute.
Nel corso della consulenza, lo psicologo svolge colloqui clinici, raccoglie l’anamnesi, osserva le interazioni familiari, somministra test psicodiagnostici standardizzati e, quando necessario, coinvolge terze persone rilevanti, come insegnanti, medici o parenti. Il fine è quello di raccogliere elementi utili per rispondere in modo chiaro e argomentato ai quesiti del giudice.
Una volta conclusa la fase valutativa, viene redatta una relazione tecnica che viene inviata alle parti. Gli avvocati, attraverso i rispettivi consulenti di parte, possono presentare osservazioni critiche o richieste di chiarimenti entro il termine previsto, solitamente di trenta giorni. Il CTU ha poi un periodo che varia dai dieci giorni a un mese per rispondere a tali osservazioni attraverso una nota integrativa. Terminata anche questa fase, il consulente deposita ufficialmente la relazione definitiva nei tempi stabiliti dal giudice”.