Catania, riprendono al Piscator repliche del “Segreto della felicità”

Catania, riprendono al Piscator repliche del “Segreto della felicità”

CATANIA – Al Piscator di via Sassari a Catania riprendono domani, alle 18, le repliche de “Il segreto della felicità”, sulla scorta del successo conseguito nella prima settimana dalla compagnia teatrale di Eduardo e Salvo Saitta che hanno portato in scena l’opera di Eduardo De Filippo.

L’impegno nel riproporre in chiave moderna il testo, adattato da Eduardo Saitta, è stato considerevole. Un mese di prove e di rifinitura dei particolari che alla fine ha fatto la differenza nei primi quattro spettacoli, in tre dei quali si è registrato il tutto esaurito. «Abbiamo curato ogni sfumatura – rivela Eduardo Saitta – lavorato attentamente su tutti i personaggi. Volevamo lanciare un messaggio al nostro pubblico. E ci siamo riusciti, perché il riscontro è stato importante e anche in queste giornate finali stanno arrivando tante adesioni».

“Il segreto della felicità” non ha mancato di far discutere. Il pubblico si è interrogato sul messaggio proposto dell’adattamento di Saitta. «È semplicissimo – continua -. In questo testo l’analisi va inquadrata in un duplice contesto: vivere la vita senza rinunce e rischiare? Oppure l’essere felici è chiudersi in una campana di vetro per evitare ogni pericolo? Sono queste le due facce dell’essere umano che emergono. Se poi, come nel caso di Filippo, accade che la moglie alla fine condivida il suo percorso di vita con un altro, che senso avrà non aver vissuto?».

Con “Il segreto della felicità” i Saitta riportano in scena un’opera di De Filippo: «Il teatro di Eduardo è una nostra costante. Ogni anno in media portiamo in scena una delle sue opere, opere che restano intramontabili e che possono essere riproposte in qualsiasi momento. Ho preso degli spunti dai suoi testi come lui stesso faceva con Pirandello. Molte sue idee sono vive ed io le ho semplicemente adattate al nostro modo di fare teatro, che poi è anche un po’ il suo: un teatro a gestione familiare, che si fa su testi ritagliati su misura sugli attori, adattando i personaggi».

Saitta riapre l’album della sua carriera, ripercorrendo i testi di De Filippo che ha rappresentato: «“Io, l’erede” senza dubbio è la mia preferita, quella che porto più nel cuore, perché è fatta di sentimenti. Come lo è diventato quello che stiamo portando in scena. Eduardo era un sentimentalista. Nelle sue opere riportava la vita vissuta, fatti realmente accaduti».

Eduardo De Filippo, grazie alla tv, è ancora oggi molto attuale: «Credo molto al teatro in tv se fatto con criteri giusti può raggiungere quell’utenza che non segue le opere dal vivo. Sul piccolo schermo diventa un teatro pressoché perfetto, un mezzo per avviare i ragazzi e avvicinarsi a una forma di cultura tra le più antiche. In teatro tutto cambia, l’arte dal vivo ha una corda vibrante, il pubblico coglie i respiri, percepisce l’errore e su di esso nasce l’improvvisazione e la battuta».

De Filippo e Saitta, un filo conduttore che lega il teatro napoletano con quello siciliano: «Sono stato io – conclude Eduardo Saitta – ad avvicinarmi al teatro di De Filippo senza imposizioni da parte di mio padre che poi, come sempre accade tra padre e figlio, mi ha guidato in questo percorso di scoperta. Del resto anche lui gli è stato vicino: all’età di 30 anni volò addirittura a Napoli per farsi assegnare la concessione straordinaria per “L’Uomo e galantuomo” dallo stesso Eduardo. A prescindere dal modo di fare teatro poi, penso che la mia famiglia sia legata a quella di De Filippo dalle vicende personali. “Sono cresciuti i figli e non me ne sono accorto” ammise Eduardo nel suo ultimo discorso a Taormina, parole che potrebbero essere messe però anche sulla bocca di mio padre. “Mio figlio è venuto dal niente, cresciuto sotto il gelo delle mie abitudini teatrali” continuò De Filippo, parlando del figlio Luca, destino simile al mio che non può lasciarmi indifferente. Ma il Teatro è così, ci si deve dimenticare di tutto, lo si fa in maniera viscerale. “Fare teatro bene significa sacrificare una vita”».